Villotta? Sipario!

La villotta è sempre stata considerata una tra le espressioni più significative della musica e della tradizione popolari: cantata, armonizzata e ballata nelle sagre, nelle feste paesane, in quei Fogolârs dove sembra farsi memoria delle cose un po’ antiche. E oggi, dove tutto viaggia sui social network, a frasi non più lunghe di 160 caratteri, la villotta sembra esibire con vergognoso pudore una patina di desuetudine, di vecchia stanchezza, di roba di altri tempi.Pensare che tutta questa anticaglia possa essere la base di uno spettacolo capace di calpestare i palcoscenici dei più importanti teatri d’opera, sicuramente regalerà ai più un sorriso probabilmente un po’ beffardo. Ebbene, dalle polveri dello scorso secolo un gruppo di giovani – incoscienti nel loro smisurato entusiasmo e nella ferrea volontà di compiere questo progetto – ha preservato un volume, stampato con grande lungimiranza a cura dell’Ente Friuli nel Mondo, grazie al quale è stato possibile salvare dalla damnatio memoriæ un’opera musicale quantomeno unica nel suo genere, intitolata «Va vilote puartade dal vint».

Enrico Fruch, «Gnot in montagne», da «La Panarie» nº 1/1924
Enrico Fruch, «Gnot in montagne», da «La Panarie» nº 1/1924

E già qui occorre aprire una parentesi, perché questa frase avrà suscitato in molti la memoria di «Gnot in montagne», la delicatissima lirica di Enrico Fruch. Sarà certamente una curiosissima coincidenza, ma proprio il primo numero di questa stessa rivista «La Panarie», nel gennaio del 1924, pubblicava proprio quei versi del poeta di Ludaria. Chino Ermacora, nel suo desiderio di espandere la cultura, avrebbe perseverato con continuità e costanza a proporre ai suoi lettori le liriche di Fruch, almeno per altri otto anni, fino al 1932 – anno della scomparsa del poeta. Pochi anni prima, nel 1926, le edizioni de La Panarie ne davano addirittura alle stampe la silloge probabilmente più nota, «Antigàis».
E non sarà quindi un semplice caso che oggi, nel festeggiare i novant’anni d’età ben portati, questa rivista si mantenga fedele alla sfida del “Ce astu dentri?” e dedichi l’apertura proprio a questo doppio grado di separazione, cioè Fruch e «Va vilote puartade dal vint», in una connessione non banale tra memoria e presente.
Già, perché – chiudendo la parentesi e tornando a noi – questo gruppo di “sconsiderati” giovani ha riportato alla luce, sulla scia di quanto già fatto nella prima metà degli anni Novanta da don Gilberto Pressacco che vide in questa partitura qualcosa di davvero importante, tanto da volerne eseguire una versione “ridotta” ma ugualmente con coro, orchestra e voce narrante solista in una prima ai “Colonos” di Villacaccia di Lestizza, la “comedie furlane” del M.º Rodolfo Kubik «Va vilote puartade dal vint». L’importanza di questa proposta deriva innanzitutto dall’autore: molto noto in Argentina, anche per aver ricoperto importanti e prestigiosi incarichi pubblici relativi alla musica e destinatario di attestazioni di merito da parte di personalità come Antonio Illersberg e Arnold Schoenberg, è decisamente meno conosciuto nella sua terra natale, il Friuli. Rodolfo Kubik nasce infatti il 24 gennaio 1901 a Pola da Guglielmo (veneziano di origini ceche) e da Giovanna Calligaris di Ronchi dei Legionari (Go), ma già nel 1903 l’intera famiglia si trasferisce a Ronchi dei Legionari. È solo nel 1927 che, sotto la pressione di un clima politico insostenibile, decide di emigrare in Argentina dove farà la sua fortuna culturale. Nella sua patria, a più di un secolo dalla nascita e a quasi trent’anni dalla scomparsa, è dunque giunto il momento di tributargli i giusti meriti.
In secondo luogo, la forza di quest’opera sta nella sopraffina capacità dell’autore di mescolare tra loro le linee melodiche delle villotte friulane con i ritmi argentini attraverso le nuove regole armoniche della dodecafonia: ciò consente l’accesso di tutto ciò che è ritenuto “popolare” – e quindi intrinsecamente povero o dozzinale – alla musica colta, a quegli stessi teatri che hanno ospitato Beethoven, Brahms, Verdi…
L’allestimento di un’opera “friulana” riveste inoltre speciali significati in questo particolare momento. L’evento non vuole suscitare sterili campanilismi o, peggio, denigrazione per l’utilizzo di un registro da molti considerato troppo spesso rozzo o villano. Anzi, le sopraffine capacità del M.o Kubik consentono a tutte le strutture, le forme e i contenuti della commedia – siano essi testuali o musicali – di assurgere piuttosto al ben degno livello di portatori e (soprattutto) diffusori di una cultura locale ricca di prerogative e preziose sfumature, capace di connettere semanticamente l’alto e il basso, il vicino e il lontano.
Rovesciando il concetto economico, si potrebbe ben dire “think local [=Friuli], act global [=mondo]”. Già, perché qui tutto è controcorrente: una musica popolare che diventa capace di calcare i più importanti palcoscenici, un autore che si dedica a fondere villotta e zamba, quasi duecento giovani (tante sono le maestranze coinvolte) che credono così tanto in un progetto musicale da volerlo realizzare a qualsiasi costo (sic). E, buona ultima, questa piccola rivista che da quasi un secolo continua incessante a raccogliere queste sfide Dunque va, vilote, va!

Vittorio Zanon

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