La meravigliosa favola di Chiara Pelizzon

“C’era una volta” è l’incipit delle più belle favole nelle quali ognuno di noi almeno una volta si è smarrito dimenticando la propria realtà e immergendosi in un mondo completamente nuovo. La meravigliosa favola di Chiara Pelizzon inizia esattamente nel maggio 2011, quando la voglia di conoscere, confrontarsi e approfondire il volontariato umanitario e la cooperazione allo sviluppo la porta ad avvicinarsi al progetto “Solidarietà per Azioni”.
Una trentina di persone tra cui studenti, cassaintegrati, pensionati, uomini e donne, giovani e meno giovani con esperienze di vita molto diverse tra loro, decidono infatti di ritrovarsi presso il CeVi, centro di volontariato internazionale, per concretizzare un’esperienza di viaggio responsabile nel sud del mondo, quale miglior occasione d’incontro, ma soprattutto di scambio reciproco di intenti, conoscenze e valori.
Tra tanti interventi destinati all’educazione, alla formazione e alla sensibilizzazione, Chiara ha già deciso la destinazione e le attività da svolgere: andrà in Bolivia per occuparsi dei bambini poveri, soli e bisognosi.

Chiara Pelizzon con un bimbo boliviano

Il suo entusiasmo è così autentico, sincero e stimolante che, alcuni mesi dopo, Chiara parte per la Bolivia assieme a Sara, Gabriele, Anita e Matteo per sostenere un progetto di volontariato umanitario gestito dalle Suore Rosarie di Udine.
C’era una volta una realtà lontana e sconosciuta…
Dalla caotica Santa Cruz De La Sierra, oltrepassando Cochabamba, fino alle alte vette di Morochata, per arrivare infine al piccolo villaggio di Santa Fe de Yapacanì, grazie alla coinvolgente accoglienza di Padre Vincente, Suor Bruna, Suor Maddalena e Suor Federica, la Bolivia diventa ogni giorno più vicina, sia geograficamente che emotivamente.
In Sud America, Chiara e i suoi compagni di viaggio lavorano affiancando le maestre di una scuola materna, fanno animazione in un orfanotrofio femminile, partecipano alle attività scolastiche del doposcuola, collaborano al progetto Pan y Leche, preparando la colazione ai bimbi della comunità e operano al centro San Carlos, affiancati dalle infermiere, in aiuto dei minori malnutriti e in difficoltà.
Ragazza solare, amorevole e “fonte di affetto inesauribile”, in Bolivia Chiara si trova perfettamente a suo agio. Caratterizzata da uno spiccato senso di altruismo, instaura con facilità  splendidi rapporti con le persone che la circondano, in particolare con i bambini boliviani, che bisognosi di cure e amore, l’adorano al primo sguardo, senza imbarazzo o diffidenza iniziale. A volte capita di incontrare persone speciali, personalità dotate di empatia, entusiasmo e sensibilità che solo grazie alla delicatezza di piccoli gesti essenziali, come una parola sincera, un sorriso o una carezza, riescono ad arrivare direttamente al cuore delle persone. Lei era proprio così: sorrideva e conquistava.
Chiara non c’è più, è mancata in un incidente stradale nel 2013, ma nei suoi ventitré anni di vita ha dato tanto e lasciato tantissimo.
Nata nel gennaio 1990, dopo aver compiuto gli studi in ambito psicopedagogico, si è iscritta a Scienze della formazione presso l’Università di Udine. Ha lavorato come educatrice all’Istituto Paulini di Udine e alla scuola per l’infanzia Valentinis di Carlino. Appassionata di musica e soprattutto di canto, Chiara faceva parte del coro Polivoice di Aquileia, del coro foraniale di Porpetto, suonava nella banda di San Giorgio di Nogaro ed era una collaboratrice del Piccolo Coro Artemia di Torviscosa. Un’inclinazione e un talento anche per la fotografia, che hanno dato vita nel settembre scorso, alla personale “Pequeñas Miradas – Piccoli sguardi”, organizzata dall’amica e compagna di viaggio Sara Ursella: selezione di 18 fotografie realizzate da Chiara Pelizzon proprio durante il progetto di volontariato umanitario intrapreso in Bolivia.
Grazie alle sue fotografie il pubblico ha avuto la possibilità di introdursi in punta di piedi nel mondo della giovane Chiara, partecipando seppur indirettamente al suo meraviglioso viaggio. Scatto dopo scatto, il pubblico viene preso per mano e accompagnato attraverso un appassionato racconto per immagini – avendo la possibilità di guardare luoghi e persone,  tramite i limpidi occhi dell’autrice – verso una realtà lontana e sconosciuta come quella sudamericana. Un viaggio solidale che, nonostante le difficoltà e le diversità, aveva permesso a Chiara di seguire con entusiasmo quella che considerava una vocazione: il rispetto e l’amore verso il prossimo, in particolare verso i bambini.

Il reportage, infatti, porta alla ribalta ritratti di una comunità narrando scene di vita quotidiana. Dal punto di vista dei contenuti ogni fotografia racconta una storia, mantenendo un ruolo descrittivo non fine a se stesso, ma stimolando lo “spettatore” ad essere interpretate e guardate con maggior attenzione, quali valide e toccanti testimonianze di mondi e culture lontane. Tutta la documentazione fotografica realizzata da Chiara, infatti, dimostra la necessità della giovane di fermare ogni istante e di catturare ogni colore, ogni sorriso, ogni particolare. Le sue, perciò, non sono solo immagini, ma sono ricordi, sguardi, in poche parole sono la sua favola. Modello educativo per moltissimi giovani, gli scatti di Chiara rappresentano quindi una traccia indelebile, proprio perché ricca di solidarietà e di riflessioni.
Come spiega Sara Ursella, curatrice, amica e compagna di viaggio dell’autrice: «Sono molto felice che la mostra sia andate bene. L’ho voluta fortemente perché era prima di tutto un modo per ricordare Chiara, ma soprattutto perché volevo che le sue foto riuscissero a far emergere la bellezza e l’importanza della nostra esperienza in Bolivia, incoraggiando chi le guarda ad avvicinarsi al mondo del volontariato attivo». La mostra inoltre è stato anche un modo per raccogliere fondi utili a sostenere due progetti già attivati in loco a favore dei piccoli boliviani: una scuola per l’infanzia e un servizio di doposcuola: «Quando si vive in un Paese il cui problema principale è quello di sopravvivere e arrivare a sera – prosegue Sara Ursella – imparare a leggere e a scrivere diventa una cosa secondaria. Tuttavia sappiamo che la formazione scolastica, invece, è l’unica possibilità che hanno questi bambini per uscire dalla loro condizione di povertà e precarietà. Per questo vogliamo aiutare chi lavora sull’educazione e sulla formazione dei giovani».
Un plauso anche da parte dell’assessore alla cultura Federico Pirone, in rappresentanza del Comune di Udine, e di Madre Noris, entrambi presenti all’inaugurazione e vicini al progetto, quale «conferma e speranza per un futuro migliore, equo e rispettoso delle differenze ».

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