La grande aurora boreale del 1938 in Friuli

Tra i molti racconti di vita e di Storia ascoltati dalla voce dei nonni materni c’è n’è uno che mi è rimasto particolarmente impresso, relativo a ciò che essi videro nel cielo del Friuli nella tarda serata di Martedì 25 Gennaio 1938: la più grande aurora boreale che si sia manifestata in epoca moderna alle nostre latitudini.
“Dopo cena, a Ponente e sopra di noi il cielo si fece di un rosso molto intenso, come se alle spalle del Monte di Ragogna si fosse sviluppato un enorme incendio. Lo fendevano ampi fasci di luce, dai colori simili a quelli dell’arcobaleno e così potenti da illuminare la notte, come al chiaro di Luna. Le stelle brillavano in modo straordinario e ci sembravano molto più vicine. Il fenomeno si protrasse a lungo, suscitando in noi profonda ammirazione ed altrettanto turbamento. In strada, nei cortili e nelle case era opinione diffusa che quell’improvviso, misterioso e grandioso evento celeste fosse il presagio di una prossima sventura”.

La diretta testimonianza dei nonni è fedelmente confermata da quanto scrive il “Corriere della Sera” nelle sue “ultimissime” di quel giorno. Dopo aver riferito di come l’aurora boreale sia stata variamente osservata in tutta Italia, da Torino a Roma, da Domodossola a Como e Venezia, il celebre quotidiano milanese si sofferma su come essa sia apparsa nella nostra Regione ed in particolare sul Carso:

Gli abitanti di parte dell’altopiano carsico hanno visto, invece, verso le 22, tutta la volta del cielo verso Occidente improvvisamente accesa di un rosso vivo, come per riflesso di un gigantesco incendio. Subito dopo, sempre da Occidente, sono spuntati all’orizzonte, disponendosi a ventaglio in alto, lunghi fasci di luce multicolori, quasi che il cielo fosse tagliato dalle lame lucenti di migliaia di riflettori. Il fenomeno, verificatosi con un’atmosfera perfettamente limpida e serena, si è esteso in breve da Occidente a Nord e verso Oriente, invadendo quasi tutta la linea dell’orizzonte e lasciando sgombro soltanto il settore marino del sottostante Golfo di Trieste, sul quale pareva quell’ora una leggera nebbia.

L’altrettanto noto quotidiano torinese “La Stampa”, nella sua edizione del 26 Gennaio, riporta:

Il Comm. Malignani di Udine, appassionato di astronomia e meteorologia, il quale lo ha ammirato in tutte le sue fasi dal suo osservatorio, ha definito il fenomeno un riverbero di aurora boreale, della stessa natura di quello che circa sessant’anni fa fu osservato a Udine.

La conferma viene dallo stesso “Popolo del Friuli”:

Un fenomeno interessantissimo e molto raro si è verificato ieri sera, destando non poca curiosità. (…) È apparso verso le ore 21, con un bagliore rossastro in direzione nord, che in breve si è dileguato gradatamente. Mezz’ora dopo si ripeteva più alto e più vasto, formando un’estesa fascia rossa sulla linea est-ovest centrata verso il nord. Questa immensa nube folgorante tendeva a spostarsi verso nord-ovest ed agli occhi dell’attento e stupito osservatore (il Cavaliere del Lavoro Comm. Malignani) lentamente e progressivamente cambiava colore per assumere verso le 22 una tinta verde. È stato un fenomeno non solo rarissimo ma anche particolarmente rimarchevole per le sue proporzioni. Infatti questa aurora boreale si spingeva fino alle Alpi, che per il riflesso luminoso si profilavano suggestivamente nonostante la serata senza Luna.

Arturo Malignani
Arturo Malignani.

In effetti, in Italia analoghi fenomeni, sebbene di intensità inferiore, risalivano al 1848, al 1859, al 1870 ed appunto al 4 Febbraio 18724. Intervistando i massimi esperti dell’epoca, ovvero i direttori degli Osservatori astronomici sparsi nella penisola, tra i quali quello di Torino, di Monte Mario in Roma e dello Ximeniano di Firenze, la stampa attribuì l’evento di “eccezionale luminosità”, “di un’ estensione ed intensità senza pari”, alla “grande agitazione solare” rilevata in quel periodo ed alle “vaste macchie visibili sulla superficie del sole”.

Apparsa in Italia poco dopo le ore 19 del 25 gennaio e protrattasi in alcune zone fin dopo l’una del giorno 26, l’aurora boreale fu ampiamente visibile in tutto il Vecchio Continente, da Oslo a Londra, dalle coste della Normandia all’Olanda, in Belgio e Svizzera, in Baviera ed Austria, in tutta l’Europa centrale e sud-orientale, in Spagna, Gibilterra e Nord Africa, in Grecia e nella Crimea sovietica. I “fantastici splendori” di quella notte, comparsi anche negli Stati Uniti, in Canada ed alle Bermuda, furono preceduti e poi accompagnati da autentiche tempeste magnetiche con sensibili perturbazioni nelle comunicazioni telegrafiche e telefoniche, nonché nelle trasmissioni radio, specie quelle in onde corte. Violente oscillazioni colpirono anche gli aghi delle bussole di navi ed aerei. Lo attestano anche i giornali di bordo degli equipaggi della squadriglia dei “Sorci Verdi”, vanto dell’allora “Ala fascista”, impegnati proprio in quelle ore nella celebre trasvolata oceanica intercontinentale Roma – Dakar – Rio de Janeiro. Già a mezzogiorno del 25 Gennaio, in volo sull’Atlantico ai comandi del suo “Sparviero”, ovvero il “Savoia Marchetti S79T”, è lo stesso Bruno Mussolini, 19 anni, figlio del Duce, a segnalare la difficoltà di ascoltare la stazione radio di Guidonia (la base di partenza) e, complici le avverse condizioni meteo, di effettuare i rilevamenti radiogoniometrici con il sestante, “prima di perdere la visione del sole”.
Ovunque i testimoni furono convinti di trovarsi in presenza di un vastissimo incendio, tanto che quella notte le chiamate ai pompieri furono migliaia. Gli scienziati dell’Università di Grenoble affermarono che in Europa Occidentale non si vedeva nulla di simile dal 1709. L’altezza stimata dell’aurora da terra fu di 350 chilometri. Moltissimi i resoconti oculari:
Sulla Manica, per più di due ore una vasta luminescenza di color giallastro si è manifestata a settentrione mentre il sole allo zenith si colorava di un rosso violaceo, con zone verdognole e turchine. In certi momenti fasci di luce bianchissima si sprigionavano in linee parallele, rendendo ancor più pittoresco il fenomeno. Il cielo era terso e le stelle brillavano di vivo splendore. Da varie città della costa meridionale numerosi aeroplani si sono levati in volo, portando a bordo passeggeri desiderosi di godere in aria l’eccezionale spettacolo”. “A Vienna il fenomeno è durato dalle ore 20 alle 22: il cielo a settentrione aveva assunto l’aspetto di una grande parete drappeggiata di rosso e attraversata da strisce orizzontali bianche. Dal lato inferiore si dipartiva un arco verde.8
La grande aurora apparve anche nel cielo del Portogallo, destando profonda impressione. In molti gridarono “alla fine del mondo”. Come noto, Suor Lucia Dos Santos, veggente di Fatima, interpretò quell’evento celeste come il segno divino di cui la Madonna le avrebbe parlato nel messaggio del 13 luglio 1917:

Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre.(…)

Nei drammatici giorni dell’immediata vigilia dell’effettivo inizio della Seconda Guerra Mondiale la profezia parve avere ulteriori riscontri. Lo si evince da quanto accadde nel famoso chalet di Adolf Hitler, nell’Obersalzberg bavarese, a ridosso del Berchtesgaden, la notte del 22 agosto 1939. A raccontarlo, nelle sue “Memorie del Terzo Reich”, è nientemeno che Albert Speer, l’architetto del nazismo:

Quella notte ci intrattenemmo con Hitler sulla terrazza del Berghof ad ammirare un raro fenomeno celeste: per circa un’ ora, un’ intensa aurora boreale illuminò di luce rossa il leggendario Untersberg che ci stava di fronte, mentre la volta del cielo era una tavolozza di tutti i colori dell’ arcobaleno. L’ ultimo atto del «Crepuscolo degli dei» non avrebbe potuto essere messo in scena in modo più efficace. Anche i nostri volti e le nostre mani erano tinti di un rosso innaturale. Lo spettacolo produsse nelle nostre menti una profonda inquietudine.

Affascinato e rivolto a Nicolaus von Below, capitano della Luftwaffe ed uno dei suoi più fedeli consiglieri militari, il Führer disse: “Sembra una grande massa di sangue. Questa volta non raggiungeremo il successo senza usare la forza”.
Il giorno dopo, al Kremlino di Mosca venne solennemente firmato il famigerato “Patto di non aggressione” nazi-sovietico “Molotov – Ribbentrop”, al quale era allegato il protocollo segreto di spartizione dell’area baltica e dell’Europa centro-orientale. Una settimana più tardi, il 1º settembre 1939, le armate tedesche invasero la Polonia. La Seconda Guerra Mondiale ebbe ufficialmente inizio.

Jurij Cozianin

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